La cultura e la politica.

Di Nino Ulisse Ponzo.

Maddaloni, 13 dicembre 2019

L’importanza della cultura in un popolo sovrano e nella classe dirigente. La democrazia rappresentativa deresponsabilizza il popolo. Quale alternativa per un sistema politico compiuto?

Vado immediatamente al sodo. Non credo che esista un sistema politico esaustivo che sappia costruire un equilibrio stabile nel tempo tra desiderio di potere, credo religiosi, sviluppo tecnologico, con l’esigenza di eguaglianza e di giustizia distributiva.

Su di un fatto, comunque, penso non debbano esservi dubbi e cioè che qualsiasi sistema deve tendere ad una unità morale collettiva tale da consentire l’espressione dei diritti e delle libertà degli individui. Vediamo, intanto, come stanno oggi le cose.

Sulla scena internazionale operano conserterie di grande potere finanziario-militare-industriale-burocratico, che per semplicità chiamerò il drago, assetati di un maniacale bisogno di dominio globale e soggiogati da una ideologia mistica di superiorità politica, civile e morale.

Penso al gruppo Bilderberg, alla Commissione Trilaterale, al CFR (Council on Foreign Relations), al RIIA (Royal Institute on International Affair), all’ASPEN, e chi gli sta al di sopra, i quali decidono su realtà fondamentali come le fonti energetiche (Exon, Shell, BP), commercio internazionale (WTO), ordine finanziario (Goldman Sachs, Black Rock, Chase Manhattan Bank), università (Harward, Bocconi, London School of Economics), debito delle nazioni, clima, guerre. Il tutto specialmente attraverso il controllo della moneta, dei media, di classi dirigenti apolidi sottomesse al loro delirio di onnipotenza e servendosi di un braccio armato come la Nato o, di organizzazioni mercenarie sotto la direzione dei loro servizi di intelligence.

Gli effetti disastrosi dei rapporti di forza tra questa èlìte globalista e il resto della gente si traducono in una riduzione progressiva delle sovranità nazionali e delle rispettive leggi costituzionali, le quali a loro volta si trasformano nel decadimento dello stato sociale e dei diritti, nell’impoverimento progressivo dei popoli presi di mira, nell’inquinamento materiale e spirituale imposto dal loro dio danaro e da una volontà di dittatura feudale mondialista, nonchè bellicista. Basta leggere alcune affermazioni dei rappresentanti, nel tempo, di questa ideologia:

“La nostra politica è quella di fomentare le guerre …. Le guerre devono essere dirette in modo tale che le nazioni coinvolte in entrambi gli schieramenti sprofondino sempre di più nel loro debito e, quindi, sempre di più sotto il nostro potere.” (Mayer Amschel Rothschild 1700/1800).

Avremo un governo mondiale, che vi piaccia o no. La sola questione che si pone è di sapere se questo governo mondiale sarà stabilito col consenso o con la forza.’‘ (James Warburg, banchiere, di fronte al Senato USA, 17 febbraio 1950).

“La casa dell’ordine mondiale dovrà essere costruita dalle fondamenta ….. la fine delle sovranità nazionali, corrose un poco alla volta, verranno realizzate molto più dell’ormai antiquato attacco frontale.” (Richard Gardner membro della Trilaterale e del Council on Foreign Relations, Aprile 1974).

“Un paese perde sovranità quando il livello del debito è tale che qualunque decisione passa al vaglio del mercato, cioè di attori che non votano ma determinano i processi”. (Mario Draghi, Audizione alla commissione per gli affari economici e monetari dell’europarlamento del 28/01/2019).

Non è possibile rimanere inermi davanti a questa drammatica deriva che sta portando tutti alla catastrofe. Che fare e come fare allora per difendersi?

Sia pure confusamente, milioni di persone avvertono ormai la necessità di porre un freno a questo mortifero sistema e alle sue oligarchie dominanti. Ne sono un esempio le diverse mobilitazioni di massa in America Latina (Equador, Perù, Cile), o nella stessa Europa (gilet gialli in Francia). Avvertono la necessità di riconquistare legalità, diritti sociali e sovranità, valori inquadrati in un orizzonte più ampio di giustizia e di decenza.

Se il popolo oppresso avesse la possibilità di convertire la sua protesta in fatti concreti, le ricette non mancherebbero. Parliamo dell’Italia!

Ci sarebbero:

  • Il ritorno alla sovranità monetaria, da cui tutto dipende
  • Il controllo pubblico del sistema bancario e dei settori strategici (energia, telecomunicazioni, trasporti)
  • Il ritorno a politiche economiche espansive sul modello keynesiano
  • L’uscita dal meccanismo di guerra della NATO
  • La revisione dei trattati europei
  • La richiesta di un’Assemblea Costituente per una costituzione europea
  • Altro ancora (le idee ci sono e sono anche molto chiare)

Ma il drago lo consentirebbe? Non credo anzi, scatenerebbe con maggiore virulenza la sua reazione mentre, a breve, gli stati compreso il nostro saranno costretti a difendersi dalle conseguenze delle nuove strategie commerciali/militari di Stati Uniti, Russia e Cina, in previsione dell’abbandono del dollaro come valuta di interscambio, la nuova via della seta, le reciproche ritorsioni con i dazi, la corsa all’uso militare dello spazio. Senza dimenticare gli effetti della mina vagante degli oltre 2 milioni di miliardi di euro di titoli tossici, pari a 33 volte il Pil mondiale, pronta a scoppiare. Che dire poi dell’Europa che non si capisce da che parte vuole collocarsi nello scacchiere internazionale, con Francia e Germania le quali mirano a svolgere il ruolo di mosca cocchiera del continente e una Brexit, voluta da una schiacciante maggioranza dei sudditi di sua maestà, la quale apre uno scenario di incertezze sugli equilibri politici/commerciali nei rapporti internazionali.

E allora?

Credo che le istituzioni repubblicane e il sistema dei partiti italiani attuali non siano all’altezza di sapersi muovere in tale complessità, un poco per l’obiettiva scarsa forza contrattuale dell’Italia, un poco per ignoranza, un altro poco per indeterminatezza (89 cambi di casacche in questa legislatura), un altro poco perché subalterne a forze esterne ai limiti del tradimento della Costituzione (penso al caso ultimo del MES, con un Parlamento quasi inficiato nelle sue funzioni), senza parlare della corruzione. Né tanto meno, in un momento di forte crisi di identità collettiva, credo vi sia qualcuno che abbia una ricetta salvifica se non quella di aspirare ad un diverso modello di società alternativo al liberismo capitalistico mondialista. Un diverso modello che però al momento è indefinito, non ha un progetto.

Forse la direzione da prendere, allo stato attuale delle cose, è quella che punti sull’uomo, un altro tipo di uomo, che si risvegli ed esca dallo stato ipnotico nel quale da tempo è stato scaraventato; che riconosca l’importanza della consapevolezza e del senso critico; che si lasci guidare dall’etica in tutte le sue azioni. Un altro tipo di uomo ben strutturato nella mente e nello spirito che si prepari a costruire un nuovo sapere politico/culturale capace di affrontare con intelligenza e coraggio quanto dovrà ancora accadere.

Per tendere a questo, è fondamentale arricchire costantemente la conoscenza e diventare più colti, recuperare le esperienze positive del passato ed i valori umani che ancora sopravvivono, coniugare al meglio tradizione e modernità, accumulare sapienza.

In primis, studiare la Costituzione dei padri costituenti, quella sulla quale si è modellata la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, quella dell’articolo 3 comma 2: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione dei lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Altrettanto importante è rivolgere lo sguardo agli altri che sono intorno e, invece di dividersi, tentare tutte le possibilità per unirsi; inoltre, avere una visione d’insieme dell’Italia, dell’Europa e del Mondo per uscire dal provincialismo.

Nel contempo, è utile contrastare il drago individuando le crepe del suo sistema e adoperandosi per amplificarle; smettere di riprodurlo in tutte quelle parti dove è possibile intervenire; estirpare dalla mente la sua ideologia/religione venduta come unica e finale.

Questo nuovo uomo dovrà essere anche un “nuovo predicatore”, capace di descrivere con semplicità ed efficacia argomenti complessi, spesso pericolosi; risoluto ad intervenire nei media, nelle famiglie, nelle piazze, strade, scuole, luoghi di lavoro. Ad organizzare frequenti convegni a tema, ovunque sia possibile, e chiedere collaborazione ai segmenti migliori della società nazionale e internazionale. A tenere sempre stretti nello spirito i valori prima descritti e che, è il caso di ripetere, sono: cultura, consapevolezza, senso critico, sapienza, onestà, coraggio, dignità, partecipazione, unione.

Poi si vedrà.

3 thoughts on “La cultura e la politica.

  1. Ma come tutto questo può succedere?
    Io penso solo con una rivoluzione.
    Bisogna arrivare ad una società senza classi.
    Ma perché ciò avvenga i lavoratori devono avere coscienza.
    E senza cultura non si arriverà mai a niente.

    1. La situazione di oggi è drammatica proprio perché manca coscienza collettiva. E’ vero che serve una rivoluzione: prima di tutto, una rivoluzione culturale. Altrimenti non se ne esce.

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