I Lunedì del Laboratorio. La NATO, il MUOS e la sovranità mai avuta.

Di Cristoforo Attardo.

Bella la nostra Italia, da nord a sud, lunga, distesa sul Mediterraneo, come fosse una bella donna al sole… ricchissima di bellezze paesaggistiche e culturali senza eguali nell’intero pianeta. Siti storici in ogni angolo. Un arricchimento lento, maturato nei secoli, figlio di culture mediterranee, fatto di tradizioni, linguaggi differenti da regione e regione, una diversità diventata ricchezza. Questo quadro, ormai quasi svanito del tutto, lascia il posto ad una società che si disgrega  a vista d’occhio, uno Stato non più sovrano che lascia i suoi figli allo sbando, uno Stato che non è più in grado di fare politiche sociali ma che si mostra come una prefettura, che picchia chi protesta, che multa chi non può pagare, che fa chiudere ospedali in cambio di una sanità privata, ma che in cambio riesce a spendere 70 milioni di euro al giorno in armamenti, uno Stato, infine, collaborazionista del potere economico-militare, contro il proprio popolo.

Di questi tempi si sente spesso parlare di Sovranità; è diventato quasi un grido liberatorio, ormai ripetuto da molti giornalisti, politici, e intellettuali, spesso richiamandosi indirettamente al tempo della Prima Repubblica, dando per scontato che allora ne avessimo una. La domanda in realtà è: siamo mai stati sovrani a casa nostra? L’amara verità è che negli ultimi settant’anni non lo siamo mai stati. E basta tornare al significato etimologico della parola per capirlo. Sovranità deriva dal latino “supra”, ovvero cosa posta sopra la legge, al pari di un dio. E quale è la prerogativa di Dio? È la Libertà, intesa come Libertà di creare, infrangere e ri-creare la Legge. Per essere “sovrani” e poter scegliere del proprio destino (autodeterminazione dei popoli), bisogna prima di tutto essere liberi nel senso di essere nella condizione materiale di poter prendere decisioni senza dover rendere conto a un padrone.

E non facciamoci ingannare da quattro cialtroni che vogliono illuderci di poter mantenere quel grado di sovranità quando invece ne siamo totalmente privi. Dal 4 aprile 1949 siamo entrati nell’alleanza nord atlantica della NATO e da allora abbiamo delegato ininterrottamente la nostra politica estera e interna a una potenza straniera. Non c’è stato capovolgimento politico né strage di stato né tentativi di golpe (ricordiamo il golpe Borghese, fallito nel 1971) in cui l’esercito d’occupazione americano non fosse coinvolto direttamente. Gli ultimi aneliti di sovranità li abbiamo vissuti durante la Prima Repubblica che infatti doveva essere repressa, e se necessario col sangue. Ricordiamo solo i casi più eclatanti: da Enrico Mattei ad Aldo Moro, da Craxi a Mattarella, da Falcone a Borsellino, passando per la stagione stragista degli anni Settanta. Tutti questi gravi eventi, causati da continue ingerenze estere, sono sfociati infine nella caduta della Prima Repubblica con il processo Mani Pulite che ha liquidato una classe dirigente troppo “spendacciona” e politicizzata. Da allora è nata questa insipida Seconda “Repubblica”, formata da partiti/aziende, privi di ideologia ma tutti servizievolmente messi in fila dal Capitale, nella sua forma più aggressiva (liberismo). Una repubblica, la seconda, non più fondata sul lavoro come recitava l’art.1 della nostra Costituzione, ma su una sovrastruttura aliena alla socialità, la vera forza che oggi regola la vita economica di tutti noi: “i mercati”. Un’entità quasi divina, a cui dobbiamo rivolgerci col cappello in mano pregando per avere qualche briciola (in prestito), perché esautorati pure dal potere di battere moneta.

Da piccolo leggevo su un muro mirikani jativinni e non capivo il significato di questa riluttanza verso gli yankee; poi lentamente capii che erano i cimeli di quella lotta di popolo contro la base americana di Comiso, lotta che portò al suo smantellamento, ma che allo stesso tempo fece vittime di mafia i due protagonisti, Pier Santi Mattarella ed il giornalista Giuseppe Fava. Un’altra di queste basi, invece, la più avveniristica, è quella denominata MUOS (Mobile User Objective System), in Sicilia, progettata dalla Lockheed & Martin, grossa multinazionale delle armi, già costruttrice dei caccia F-35 di ultimissima generazione, e che conduce studi sulle armi ad energia diretta. La base è stata costruita a Niscemi, a 4,5 km dal centro abitato, ed è una di quelle ad uso esclusivo degli Stati Uniti, così come dall’accordo firmato a Roma il 6 aprile del 2006 dal generale N.G. Preston e dal generale dell’esercito italiano Mario Marioli. Il progetto MUOS è costato 43 milioni di dollari, i lavori iniziarono nel 2011, ignorando completamente il piano paesaggistico della provincia nissena. Qualche anno prima, infatti, il sito “Ulmo” fu dichiarato area paesaggistica di livello 3, ovvero un’area su cui non sarebbe possibile costruire nulla, in quanto protetta. Invece a sfregio delle nostre istituzioni, e della gente del posto, i lavori iniziarono lo stesso, e oggi la base occupa una superficie di 166.000 ettari. La base però era già attiva dal 2001; si trattava della meno famosa NRTF (Naval Radio trasmitter Facility) con un inquinamento elettromagnetico da brividi. Le onde emesse abbracciano tutte le frequenze: dall’UHF alle VHF (ultra e very high frequency) con un range che va da 300Mhz a 3000Mhz sino a comprendere le basse e bassissime frequenze da 300 hz a3000khz (ELF,VLF, LF). Cosa serve agli americani avere tutte queste frequenze in Sicilia? Ovviamente per il controllo di velivoli senza pilota, i droni di tipo global hawk, oppure il controllo di satelliti per il monitoraggio dei territori, oppure per guidare truppe in territori di guerra e persino per manovrare sommergibili in immersione da remoto (sistema ALFSB, Atlantic Low Frequency Submarine Broadcast). Il MUOS, infatti, è stato anche arricchito di un sistema aggiuntivo proveniente da una base islandese (la base di Kevflavik) chiamato Isabps, che serve proprio a migliorare le comunicazione in immersione alle alte profondità oceaniche, in quanto opera alle basse frequenze, le sole in grado di penetrare in profondità.

Da nord a sud, vigilano ben 113 basi USA-NATO; siamo secondi in Europa per occupazione militare, dietro solo alla Germania. In molte di queste basi, poi, gli Stati Uniti vi hanno posizionato le famigerate bombe nucleari b-61 (nelle basi di Aviano e Ghedi Torre, si stima che il numero di queste sia pari a 70), e a cominciare dal prossimo anno verranno sostituite dalle ancor più pericolose b61-12. Queste bombe depositate sul nostro territorio assieme al massiccio arsenale di armi convenzionali e di sistemi centralizzati di reazione militare come il MUOS, espongono l’Italia a un rischio di ritorsione pesantissimo: se la NATO dovesse trascinarci in una guerra totale contro la Russia e la Cina, saremmo i primi a saltare in aria. Ma non siamo gli unici al mondo ad essere occupati: sul pianeta si contano 686 basi americane, sparse in 74 nazioni, con l’impiego di 270.000 militari a fronte di una spesa (americana) di 611 miliardi di dollari (2016). Oltre il 95% delle basi militari straniere all’estero è americana. A questi numeri vanno poi aggiunti gli ultimi arrivati nell’Alleanza Atlantica: gli stati dell’ex-patto di Varsavia. Come scrive il generale italiano Fabio Mini: “chi compra armi e prepara eserciti, di sicuro prepara la guerra”.

Ci stiamo davvero preparando ad una guerra? In verità, dopo la caduta del muro di Berlino, questa guerra non è mai finita. Eppure le cose erano state annunciate molto diversamente. L’ex segretario di Stato USA James Baker, di fronte all’ex presidente sovietico Gorbaciov, dichiarò il 9 febbraio 1990: “la NATO non si espanderà ad est nemmeno di un centimetro”, una frase di una verità assoluta col senno di poi, in quanto non si è trattato di centimetri ma di centinaia di chilometri. Le guerre USA/NATO si sono inanellate una dietro l’altra, a cominciare dalla vergognosa guerra contro la libera Jugoslavia, fatta dietro la porta di casa nostra, voluta pure da una risoluzione ONU (la ris.836), che tra le altre cose ha anche avuto lo scopo di far capire a tutti gli alleati (vassalli) di cosa i padroni sono capaci. Con la scusa della presunta tirannide di Milosevic e le false immagini create ad arte nelle nostre menti dal mainstream mediatico del tempo, abbiamo distrutto quella nazione, bombardando infrastrutture e sparando sui civili. Come se entrando un topo in casa si demolissero tutti i muri per accorgersi infine che il topo non c’era; ma a quel punto, che ci vuoi fare? “Abbiamo sbagliato, ci siamo distratti un attimo”.

A seguire, il secondo evento che ha dato il la a tutte le guerre successive è stato l’(auto-)attentato catastrofico dell’11 settembre 2001, con l’abbattimento (deliberato) delle famose Torri Gemelle. Da allora si è portata guerra all’intero pianeta in nome della “democrazia”, contro la generica categoria di “terrorismo”, che vuol dire tutto e niente e per questo può essere sempre impiegata quando fa più comodo per eliminare fastidiosi avversari. Si cominciò con l’Afghanistan, una missione che è attiva ancora oggi dall’ironico nome “Enduring Freedom” e che ha mietuto circa 200mila vittime (stimando per difetto). Successivamente, nel 2003 si apre una nuova iniziativa, la “Iraq Freedom”, aggressione innescata da una colossale bugia mediatica. Ricordiamo ancora tutti l’allora segretario di Stato Colin Powell mentre mostrava al mondo intero “la prova” che Saddam Ussein aveva l’antrace e quindi il mondo acquistava il diritto a distruggere l’Iraq, con tutto quello che ci stava dentro, donne, bambini ospedali, ponti e aeroporti. Risultato? Un “bottino” di 500mila vittime e tanto, tanto petrolio a buon mercato.

Nel 2011 tocca alla Siria, in cui entrano in ballo anche gli interessi israeliani e sauditi su questioni territoriali. Si organizzano operazioni di intelligence supportando i ribelli e mostrando al mondo Assad come feroce dittatore, nel tentativo di innescare nuovamente la reazione della “comunità” internazionale e legittimare la distruzione totale dell’ennesima nazione. Anche la Siria dà a questa carneficina mondiale il suo contributo in vittime, circa 400 mila, con 7 milioni di sfollati. Ma l’intervento russo ne evita la capitolazione definitiva. Alla Libia tocca una simile sorte nel 2011, per mano franco-americana, con l’operazione “Unified Protector”; come in un gioco di prestigio vediamo i soldati dell’ISIS essere trasformati dalla stampa occidentale in “moderati”, e  giustificare così l’intervento della coalizione USA-NATO per andare in loro soccorso contro Gheddafi. Risultato? Si è spezzata e distrutta una nazione che non aveva nulla a che fare con il fondamentalismo islamico, e che stando ai dati OCSE, era una delle nazioni con un sistema sanitario e scolastico ed un tenore di vita, tra i più alti nel Mediterraneo. Oggi, a otto anni di distanza, la Libia è ancora nel caos totale, un disordine che ha provocato, tra le altre cose, una diaspora di massa dolorosissima.  E poi ci sono le guerre dimenticate, perché toccano paesi poveri come quelle in Mali, Somalia e Yemen. Lo schema è sempre lo stesso: o sei con noi o sei contro di noi, e quindi vai distrutto o assoggettato.

Per adesso hanno vinto loro, con i loro chewing gum e le loro pistole fumanti; ci hanno cotti a puntino invadendo le nostre menti con la loro televisione, cambiando la vita dei nostri figli, riempendo le nostre teste di sangue, fumo e distruzione preparando le generazioni future al disprezzo per la vita, frammentando le nostre società, riducendola a un individualismo indifferente alla sofferenza altrui e alle virtù umane più sublimi.

Alla luce di tutto, questo chi può pronunciare la parola “sovranità”?

Fanno ridere, francamente, molti moderni “sovranisti” che strillano per un memorandum non vincolante firmato con la Cina ventilando il rischio di diventarne una colonia, ma dimenticandosi puntualmente di dire che lo siamo già, e che i padroni non sono i cinesi. Fanno ridere anche coloro che si scagliano contro la turbo-burocrazia europea in nome di una presunta sovranità nazionale senza mai però avere una sola parola da dire sull’Alleanza Atlantica, vera e principale barriera a qualsiasi iniziativa di autodeterminazione del popolo italiano. Diffidiamo allora, da chi si spaccia per “sovranista” ma al contempo liquida il problema della NATO, perché costui o è un ingenuo, o è in malafede. La NATO è la principale forza ideologico-materiale che incatena e stupra quotidianamente la nostra sovranità; col suo stivale a stelle e strisce calpesta la nostra libertà da 70 anni, e non ci farà decidere un bel nulla finché non li avremo cacciati a calci nel sedere dalla nostra terra. Come recita l’Inno di Mameli, “Noi siamo da secoli Calpesti, derisi Perché non siam Popolo, Perché siam divisi”. Possa al più presto “Raccoglierci un’Unica Bandiera e una Speme Di fonderci insieme” per riconquistare la nostra libertà e costruire il nostro futuro con le nostre braccia!

La nostra sovranità finora è stata paragonabile alla vita di un pesce rosso, che crede di essere libero perché può nuotare all’infinito ma in realtà non sa che i suoi limiti sono i vetri dell’acquario; se noi un giorno decidessimo di liberarlo in mare aperto, però, scoprirebbe che il limite della sua libertà corrisponde ai limiti della natura. Così anche per noi esseri umani i limiti della nostra libertà corrispondono esattamente con i limiti della natura, in quanto esseri viventi del sistema Terra, e quindi qualsiasi limite venga interposto tra la nostra vita ed i confini della natura, non può che essere chiamato dittatura.

I dati sul MUOS sono stati ricavati dal libro “Un ecoMUOStro a Niscemi, l’arma perfetta per i conflitti del XXI secolo” di Antonio Mazzeo.
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