Di Alberto Melotto.
Sabato scorso nel centro di Torino si è svolta la terza manifestazione organizzata, in pochi mesi, dai sostenitori della tratta Torino-Lione, i cosiddetti Sì Tav. Fra le poche migliaia di persone presenti (la partecipazione ha visto un brusco calo) si sono fatti notare alcuni esponenti del gruppo torinese di Fridays for future, l’organizzazione ecologista che, come dice il nome stesso, è presente da alcuni venerdì, nelle piazze italiane, per sensibilizzare sul tema del rispetto dell’ambiente. I sodali di Greta Thunberg, tanto per capirci. Pronunciamo questo nome con un pizzico di sadismo, perché, come tutti sappiamo, il nome di Greta è stato oggetto di un dibattito che spesso è andato oltre le righe, e si è trasformato nell’ennesimo round dell’incontro di pugilato che oppone sovranisti a mondialisti, salviniani vs sinistri.
Ogni volta che abbiamo potuto, abbiamo sempre palesato le nostre perplessità per l’operazione-Greta, e di fronte a dei giovani ecologisti che manifestano a favore del Tav tali perplessità non possono che acuirsi.
Ma come, verrebbe da dire, il movimento No Tav nell’arco di tre decenni ha prodotto una quantità notevole di materiali scientifici, grazie all’aiuto di esperti, che provano quanto sia dannoso per la Val di Susa, e anti-economico per l’Italia intera, e questi fanciulli si propongono come alfieri di un’improbabile difesa di un progetto che, fra l’altro, scaricherebbe milioni di tonnellate di anidride carbonica nella valle piemontese, a causa del numero impressionante di camion a portar via il terreno degli scavi?
Si dirà, è il post-modernismo, bellezza, si può dire tutto e il contrario di tutto, sono morte le grandi narrazioni, e con esse, anche la voglia di studiare e di informarsi. E’ evidente che l’entusiasmo col quale i mass-media hanno avallato la proposta di Greta Thunberg è senz’altro utile al passaggio ad una nuova fase nel modo in cui noi occidentali guardiamo al problema dei cambiamenti climatici. Per anni, anzi decenni, il drammatico problema è stato sistematicamente ignorato, gli eminenti scienziati che parlavano della urgente necessità di mutare le politiche industriali ed energetiche venivano giudicati con ostilità, sbeffeggiati, censurati. Ogni spazio su televisioni e giornali sistematicamente negato. Il meteorologo Luca Mercalli, ad esempio, in una puntata di una sua trasmissione televisiva in prima serata, osò parlare di Tav in termini critici, intervistando alcuni tecnici No Tav: ebbene, da lì a poche settimane, il programma venne cancellato dal palinsesto Rai.
Al punto in cui ci troviamo negare l’evidenza da parte di chi ci governa apparirebbe davvero un esercizio di raro equilibrismo. Da qui la scelta di esortare la popolazione mondiale a giocare al “piccolo ambientalista”, salvando capra e cavoli (e affari soprattutto): che cosa importa se il petrolio continua a farla da padrone nei nostri condomini e nelle nostre strade, sarà sufficiente un poco più di impegno da parte di tutti, e magicamente tutto si risolverà. Il capitalismo, che morde più che mai e spinge intere popolazioni a spostarsi dal proprio luogo di nascita, toglie ogni diritto ai lavoratori, e invita alla guerra fra poveri? Lui deve rimanere dov’è, sul piedistallo. Cominciamo a sentirci in colpa, noi gente comune, e a raccogliere le cartacce per terra.