I Lunedì del Laboratorio. Omnia cum tempore – ogni cosa a suo tempo.

Di Velimir Tomovic.

Così si è giunti, dopo qualche decade all’inizio di una nuova crisi balcanica. Troppe erano state infatti le linee lasciate indefinite negli anni Novanta, le tensioni etniche allora utilizzate sapientemente dall’Occidente, specialmente a livello mediatico, oggi tornano più forti che mai.

Negli anni Novanta la Jugoslavia, la terra degli slavi del sud, cessava di esistere non solo grazie alla secessione di varie nazioni ma grazie anche alle tremende sanzioni, alle risoluzioni ONU, alla guerra mediatica, alla propaganda e infine alla guerra vera e propria. Il piano USA-NATO per la distruzione della Jugoslavia, analogo a quello hitleriano del Terzo Reich,aveva come obiettivo la cancellazione dell’identità spirituale, politica e nazionale ortodossa, caratterizzata dalla maggioranza dei serbi,che era giudicata come radicalmente incompatibile con i propositi di esportazione della “democrazia di libero mercato” e “libero desiderio consumistico” a stelle e Strisce – prefazione di Paolo Borgognone a La porta d’ingresso dell’islam – Jean Toschi Marazzani Visconti – Zambon editore .

La Serbia in particolare, veniva semplicemente considerata pericolosa perché ostacolava il progetto anti-europeo, ostacolava cioè la creazione della cosidetta “DORSALE VERDE” (striscia continua di territori balcanici con forte presenza musulmana: Albania, Macedonia, Kosovo, Sangiaccato fino alla Bosnia) e quindi doveva essere distrutta e la sua influenza nella regione fortemente limitata.

Il trattato di Kumanovo, che sanciva la pace tra la Repubblica Federale Jugoslava e la NATO il 9 giugno 1999, dopo 78 giorni di bombardamenti da parte dell’alleanza atlantica e dopo 10 sanguinosi anni di guerra nei Balcani, non è stato altro che uno scalino nel piano a lungo termine USA-NATO per la destabilizzazione dell’Europa. Negli ultimi 20 anni, da quel non molto lontano 1999 la tensione tra le varie nazioni ex jugoslave non ha fatto altro che crescere grazie  alla più completa servile dipendenza dei governi balcanici al ponte di comando USA-NATO, specialmente in funzione al piano di creazione di una Grande Albania e al piano di islamizzazione dell’Europa tramite la cosiddetta Dorsale Verde, tutto in completo contrasto con il volere delle popolazioni interessate.

Oggi possiamo vedere come l’assoluta islamizzazione dell’Europa cancelli ogni forma di identità, cultura e stabilità delle nazioni rendendole cosi subalterne agli Stati Uniti D’America.

La Bosnia Erzegovina è sicuramente la nazione più complessa poiché vi convivono tutte le etnie che un tempo componevano la Jugoslavia e che per molti anni si sono fatte la guerra. Grazie al Trattato di Dayton di fine 1995, che sanciva l’intangibilità delle frontiere fra le repubbliche federate della RSFJ (Repubblica Socialista Federale Jugoslava) e che prevedeva la creazione di due entità interne allo stato: La Federazione Croato-Musulmana (detiene il 51% del territorio nazionale) e la Repubblica Srpska (detiene il restante 49% del territorio nazionale) i musulmani diventano ufficialmente una nazione. In Bosnia Erzegovina negli anni successivi alla guerra fino ad oggi nonostante la costituzione non permetta la poligamia molti studenti si riuniscono, costruiscono villaggi  dove vivono secondo i più stretti dettami coranici e dove ogni uomo può avere più di una moglie e molti figli, creando così come in Kosovo una vera e propria invasione demografica. Inoltre è bene ricordare che negli anni di guerra gli americani favorirono l’ingresso nei Balcani di 12 mila mujaheddin, incluso Bin Laden. Alcuni di questi combattenti, presenti ancora oggi, formano vere e proprie “cellule terroristiche dormienti” , grazie a tutto questo oggi la Bosnia è diventata il quarto esportatore di islamisti radicali nel mondo.

Macedonia e Montenegro, involontari membri della NATO, stanno velocemente scomparendo inghiottiti da un’Albania che brama la grandezza, finanziata e supportatata dall’intero Occidente. Nel parlamento montenegrino e in quello macedone vengono invitati quotidianamente (quando già non ne fanno parte a tutti gli effetti) come ospiti d’onore esponenti dell’organizzazione terroristica albanese UCK, i quali non molto tempo prima trucidavano interi villaggi serbi e ortodossi, chi osa lamentarsi viene condannato, imprigionato, destituito o ucciso. L’opposizione è debole e quando non lo è viene distrutta da false accuse politico-mediatiche montate ad arte, come è avvenuto recentemente in Montenegro, dove i leader dell’opposizione che stava regolarmente vincendo le elezioni nel 2016 sono stati condannati per un “tentativo di colpo di stato” a svariati anni di prigione, senza alcuna prova di tale atto.

Il Superstato Americano, la Grande Albania sta diventando passo dopo passo una bomba pronta ad esplodere al momento opportuno. Nel 2016 la VOICE OF AMERICA ha annunciato che l’Albania avrebbe accettato 2000 mujaheddin e khalq (MEK) in cambio di 20 milioni di dollari, il trasferimento veniva indicato come “intervento umanitario”con la supervisione dello UNHCR (United Nations High Commissioner for Refugees). Successivamente anche le famiglie dei jihadisti dell’isis uccisi in battaglia sarebbero state accolte nel paese. Grazie a ingenti finanziamenti USA si sarebbe creato un nuovo campo situato tra Tirana e Durazzo dove andrebbero a dislocarsi combattenti dell’ISIS in fuga dalla Siria. A soli 12 km a nord-est di Durazzo, nel campo di Manza sarebbero oggi presenti circa 4500 MEK, che vivono in completo isolamento in una struttura di 200.000 mq.

Il Kosovo “liberato” oggi patria del traffico di organi umani e del narcotraffico, in totale violazione alla risoluzione ONU 1244 (risoluzione che prevedeva una volta cessato il conflitto, il ritorno in Kosovo dell’esercito jugoslavo-serbo) , diventerà presto parte di questa Grande Albania visto che il confine che li divide sta scomparendo, come con tutta probabilità lo diventerà nel prossimo futuro anche la Macedonia dato che il primo ministro albanese Edi Rama con il plauso di Bruxelles lavora perché la stessa misura venga adottata anche al confine con la Macedonia.

Proprio in Kosovo potrebbe facilmente scoppiare un futuro conflitto da estendere a tutta la regione Balanica, viste le continue provocazioni da parte di albanesi a danno della popolazione serba presente nel territorio (più di 100.000 persone).  

La Serbia rimane isolata, obiettivo finale di questo piano anti-europeo. Senza nemmeno l’appoggio del Montenegro con il quale formava un’unica confederazione di stati fino al 2006. Negli ultimi anni, in Montenegro  grazie al regime di Milo Djukanovic, fedele servo USA-NATO, i Serbi vengono addirittura discriminati e perseguitati. Violente proteste contro il governo di Aleksandar Vucic avvengono nelle più grandi città della Serbia, in particolare a Belgrado, dietro questi eventi si può discernere l’ombra di George Soros e della sua Open Society che investe moltissimo in organizzazioni studentesche che si oppongono a Vucic (la stessa tecnica era stata utilizzata da Soros nel 2000 per rovesciare Milosevic), l’obiettivo è quello di promuovere l’ingresso della Serbia nella NATO e allontanare il paese dalla cooperazione con la Russia di Putin.

Si preannuncia cosi l’arrivo di una nuova rivoluzione colorata volta a modificare ancora una volta il fragile equilibrio geopolitico dell’est Europa. Le linee lasciate indefinite negli anni Novanta possono facilmente essere riaperte e portare l’intera regione in un nuovo conflitto, in un nuovo bagno di sangue.

Il futuro dell’Europa dipende molto dalla pace nei Balcani che si confermano ancora oggi altamente instabili.

La Storia ha il brutto vizio di ripetersi.